L'abbraccio selvatico delle Alpi by Franco Michieli

L'abbraccio selvatico delle Alpi by Franco Michieli

autore:Franco Michieli [Michieli, Franco]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Ponte alle Grazie
pubblicato: 2020-02-21T21:50:36+00:00


Capitolo 6

Il digiuno ticinese e le tempeste retiche

La mattina del 24 agosto iniziava il secondo mese di cammino attraverso le Alpi. Fin qui, nella mia ricostruzione, ho voluto raccontare il viaggio quasi passo passo, giorno per giorno, per consentire al lettore di immergersi nella trasformazione emotiva di ragazzi che affrontano il distacco dal mondo cittadino per diventare viandanti della montagna, in cerca delle molte risposte che la civiltà umana non sa dare. Come capii allora, avendone conferma in occasioni successive, dopo circa un mese di traversata – nelle condizioni di isolamento dalle cronache del mondo civile che si viveva all’epoca – si apre una nuova porta esperienziale e cognitiva: ormai si appartiene al punto di vista dei vagabondi, la natura è la propria casa e gli schemi di pensiero tipici della vita urbana sono dimenticati, quasi che non dovessero mai più riguardarci.

Raggiunta la particolare stabilità esperienziale che sta al di là del mese di cammino, il racconto ha svolto il ruolo di portarci nel cuore di quella dimensione; può continuare lasciando sullo sfondo alcune situazioni cicliche quotidiane, i cui caratteri sono già tracciati.

Con questo proposito riprendo dunque il punto di vista dei due ragazzi che stavano per finire i franchi svizzeri a loro disposizione. A Saas facemmo una spesa a base di pane, aggiungendo formaggio e dolci tra i più economici che trovammo. Valicammo l’alto Zwisbergenpass sbucando nell’aria di nuovo serena sopra a un mare di nuvole; lassù lasciammo il grande bacino idrografico del Rodano per entrare in quello del Ticino, tra le cui valli confluenti ci aspettavamo di camminare per una settimana. Salutammo un intero orizzonte di quattromila, dal Monte Rosa ai Mischabel, che biancheggiavano all’orizzonte alle nostre spalle, e ci avviammo verso gli ambienti molto più verdeggianti delle Alpi Lepontine.

Nell’interminabile valle di Zwisbergen, non lontano dalla confluenza con le Gole di Gondo e con il confine italiano sotto al Sempione, un uomo in abiti montanari dal volto rude ci vide e ci si parò innanzi: «Contrabbandieri!» ci apostrofò, con un ghigno a metà tra il severo e il complice.

«Come?» domandai, pensando di non aver capito bene.

«Contrabbandieri! Contrabbandieri!» ribadì l’uomo, mirando ai nostri grossi zaini e certo notando il nostro aspetto inselvatichito.

«No, stiamo solo attraversando le Alpi!» cercai di spiegare, ma non sembrò cambiare idea e noi proseguimmo. Realizzammo poi di trovarci in luoghi di confine che avevano visto per decenni l’epopea del contrabbando di montagna fra Italia e Svizzera, rischioso, ma in passato indispensabile per la sopravvivenza di molte famiglie. L’episodio ci inquietò un po’, ma poi passammo la dogana entrando in l’Italia senza problemi.

Le nuove tappe si mantennero piuttosto lunghe in direzione nord-est per boschi e pascoli, toccando villaggetti che avevano preservato un aspetto all’antica, collegati ai fondovalle da stradine strette e talvolta venendo abitati senza circolazione di automobili, come l’Alpe Devero. Questi vasti alpeggi, come anche gli scenari della successiva alta Val Formazza, avevano una fama che mi incuriosiva, e ci tenevo a incontrarli. Era molto piacevole procedere circondati dall’erba, bivaccare sotto abeti e larici o in vista dei laghi, dopo i giorni negli ambienti minerali dell’alta montagna.



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